Perché in una commedia musicale tutti si mettono all’improvviso a cantare e ballare?
Questo genere, al tempo stesso popolare e artificiale, rivela una tensione tra spontaneità e messa in scena, tra sincerità e spettacolo.
Nel suo nuovo assolo, Marco D’Agostin, coreografo e interprete, interroga questo meccanismo con altrettanta profondità che distacco. Immagina un artista venuto a parlare della caduta di un asteroide sulla terra. Ma poco a poco una forza strana si impadronisce di lui: il movimento travolge la parola, la voce perde la sincronia, il corpo deriva.
Lo spettacolo scivola verso uno show alla Broadway, cone le sue seduzioni e le sue trappose. Bisogna resistere o cedere al richiamo irresistibile della scena? Quale forma può nascere da questa collisione tra linguaggio, corpo e divertimento?
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